linea cadorna

Sin dal 1862, subito dopo la nascita del Regno d’Italia, lo Stato maggiore italiano ebbe l’idea di fortificare i confini italiani ed in particolare quelli italo-elvetici, con una serie di forti muniti di batterie per bloccare eventuali tentativi di invasione lungo la dorsale delle val d’Ossola-Lago Maggiore-Ceresio-Lago di Como, con particolare attenzione alle vie dello Spluga e del Maloja. Tuttavia il progetto rimase soltanto sulla carta a causa delle cattive finanze in cui versava il Regno, quindi si decise di non tener conto dei rinforzi al confine svizzero.
Nel 1871 il confine svizzero fu reinserito nel nuovo progetto di difesa dello stato per poi essere nuovamente rigettato per l’ultima volta nel 1882, quando il Comitato di Stato Maggiore Generale si dichiarò contrario all’idea, essendo improbabile una violazione austriaca del territorio svizzero, e poco reale un eventuale attacco tedesco, anche in base agli accordi diplomatici con Germania e Austria-Ungheria sfociati con la Triplice alleanza. Ciononostante, i progetti furono ripresi, accantonati e portati avanti stancamente fino al 1911, quando l’ufficio Difesa dello Stato formulò un nuovo schema di difesa alla frontiera elvetica, lungo le Alpi Orobiche e il saliente ticinese della val d’Ossola.
Così dopo alcuni studi eseguiti dalle autorità militari, il 18 aprile 1911 lo Stato Maggiore affidò i lavori alla Direzione Lavori Genio Militare Milano, che si preoccupò inizialmente di allestire lo sbarramento Mera-Adda con la costruzione del Forte di Colico. I lavori continuarono a singhiozzo, fino allo scoppio della Grande Guerra per essere poi completati con urgenza con l’inizio delle ostilità.
Le intenzioni diplomatiche italiane furono tenute segrete fino al 24 maggio 1915, quando il Regno d’Italia uscì dalla neutralità per dichiarare guerra all’ex alleato austro-ungarico. Nel settembre dello stesso anno il generale Carlo Porro rese nota al Capo di Stato Maggiore Luigi Cadorna la ora concreta possibilità di un’invasione tedesca della Svizzera, che sarebbe potuta sfociare in un dilagare di truppe nemiche nella Pianura Padana e nel cuore industriale di Milano.
Cadorna decise di riprendere il vecchio progetto del 1882, e con le opportune modifiche, ordinò di allestire una imponente linea fortificata estesa dalle valli ossolane fino ai passi orobici.
Ne fanno parte molte strade, mulattiere, trincee, postazioni d’artiglieria, osservatori, ospedali da campo, centri di comando e strutture logistiche, il tutto realizzato ad alte quote dai 600 fino ad oltre 2000 metri.
Una stima dell’opera cita: 72 km di trincee, 88 postazioni di artiglierie (11 in caverna), 25.000 metri quadrati di baraccamenti, 296 chilometri di strade e 398 chilometri di mulattiere, per un costo di oltre 105 milioni di lire (circa 150 milioni di euro odierni) ed il contributo di 40.000 uomini.
Questo complesso di opere non venne mai utilizzato. Le fortificazioni, all’inizio della guerra, vennero presidiate ma ben presto, ed in particolare dopo la disfatta di Caporetto, la linea venne abbandonata.

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